Ne gloriari libeat alienis bonis,
suoque potius habitu vitam degere,
Aesopus nobis hoc exemplum prodidit.
Tumens inani graculus superbia
pinnas, pavoni quae deciderant, sustulit,
seque exornavit. Deinde, contemnens suos
immiscet se ut pavonum formoso gregi
illi impudenti pinnas eripiunt avi,
fugantque rostris. Male mulcatus graculus
redire maerens coepit ad proprium genus,
a quo repulsus tristem sustinuit notam.
Tum quidam ex illis quos prius despexerat
‘Contentus nostris si fuisses sedibus
et quod Natura dederat voluisses pati,
nec illam expertus esses contumeliam
nec hanc repulsam tua sentiret calamitas’.
Perchè non piaccia gloriarsi dei beni altrui,
e trascorrere piuttosto la vita nella propria condizione,
Esopo ci ha tramandato questo esempio.
Un corvo gonfio di vana superbia
raccolse le penne, che erano cadute al pavone,
e se ne adornò. Poi, trascurando i suoi simili
come si mescola a un bel gruppo di pavoni
quelli strappano le penne all’uccello sfrontato,
e lo mettono in fuga a beccate. Conciato male, il corvo
afflitto cominciò a ritornare presso la propria razza,
dalla quale, respinto, ebbe un triste rimprovero.
Allora uno tra quelli che prima aveva disprezzato
‘Se fossi stato contento delle nostre condizioni
ed avessi voluto sopportare ciò che la Natura aveva dato,
non avresti sperimentato quest’oltraggio
e la tua disgrazia non avrebbe provato questo rifiuto’.
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