TraduzioniLucano – Pharsalia, 1. 160-190.
Vale ha chiesto 7 anni fa

Namque ut opes nimias mundo fortuna subacto
intulit, et rebus mores cessere secundis,
praedaque et hostiles luxum suasere rapinae,
non auro tectisve modus, mensasque priores
aspernata fames; cultus, gestare decoros
vix nuribus, rapuere mares: foecunda virorum
paupertas fugitur, totoque accersitur orbe,
quo gens quaeque perit. Tum longos iungere fines
agrorum, et quondam duro sulcata Camilli
vomere, et antiquos Curiorum passa ligones
longa sub ignotis extendere rura colonis.
Non erat is populus quem pax tranquilla iuvaret,
quem sua libertas immotis pasceret armis.
Inde irae faciles et, quod suasisset egestas,
vile nefas magnumque decus ferroque petendum
plus patria potuisse sua, mensuraque iuris
vis erat; hinc leges et plebis scita coactae
et cum consulibus turbantes iura tribuni;
hinc rapti fasces pretio sectorque favoris
ipse sui populus letalisque ambitus Urbi
annua venali referens certamina Campo;
hinc usura vorax avidumque in tempora faenus
et concussa fides et multis utile bellum.
Iam gelidas Caesar cursu superaverat Alpes
ingentisque animo motus bellumque futurum
ceperat. Ut ventum est parvi Rubiconis ad undas,
ingens visa duci patriae trepidantis imago
clara per obscuram vultu maestissima noctem,
turrigero canos effundens vertice crines,
caesarie lacera nudisque adstare lacertis
et gemitu permixta loqui: “Quo tenditis ultra?

Lucano – Pharsalia, 1. 160-190.
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Rina ha risposto 7 anni fa

Infatti, quando la Fortuna, sottomesso il mondo, recò ricchezze
eccessive, e i costumi cedettero dinanzi alla prosperità,
e il bottino di guerra e i saccheggi ai nemici spinsero al lusso,
senza limite all’oro e ai palazzi, e la fame disprezzò
le mense di una volta, gli abbigliamenti maschili decaddero,
appena decorosi da indossare per giovani donne; si fuggì la feconda
povertà degli uomini e da ogni parte del mondo si fece venire
ciò per cui ogni popolo muore. Allora unirono insieme lunghe aree
di campi, ed estesero sotto coloni stranieri numerosi poderi
che un tempo erano stati arati dal duro vomere di Camillo,
sopportando le antiche zappe dei Curii.
Non era quel popolo, che una pace tranquilla giovava,
che si nutriva della propria libertà con le armi ferme.
Di qui le facili ire; ciò che la povertà potesse provocare,
una vile empietà, e un grande onore, persuadendo con il ferro,
valere più della propria patria: la misura del diritto
era la forza. Di qui le leggi e i plebisciti imposti
e i tribuni che con i consoli turbavano la legalità;
di qui i fasci ottenuti con il denaro e lo tesso popolo
venditore del proprio favore, e i brogli elettorali letali per la città,
rinnovando lotte annuali nel venale Campo.
Di qui l’usura vorace e un avido interesse nelle occasioni propizie
e la lealtà abbattuta e una guerra vantaggiosa per molti.
Ormai Cesare aveva superato con rapidità le gelide Alpi,
e aveva previsto nella mente grandi movimenti di truppe e la guerra
futura. Non appena fu giunto presso le acque del piccolo Rubicone,
apparve al condottiero la potente immagine della Patria trepidante,
luminosa nella notte oscura, tristissima nel volto,
perdendo bianchi capelli dal capo turrito;
si presentò con la chioma lacera e le braccia nude
e parlò mescolando le parole con il lamento; “Dove procedete ancora?”

Risposta perLucano – Pharsalia, 1. 160-190.