Tiberius patruus petenti honores consularia ornamenta detulit; sed instantius legitimos flagitanti id solum codicillis rescripsit, quadraginta aureos in Saturnalia et Sigillaria misisse ei. Tunc demum abiecta spe dignitatis ad otium concessit, modo in hortis et suburbana domo, modo in Campaniae secessu delitescens, atque ex contubernio sordidissimorum hominum super veterem segnitiae notam ebrietatis quoque et aleae infamiam subiit, cum interim, quanquam hoc modo agenti, numquam aut officium hominum aut reverentia publice defuit.
Lo zio paterno Tiberio, chiedendogli (Claudio) delle cariche, gli conferì gli ornamenti consolari; ma, chiedendogli più insistentemente le formalità legali, gli rispose soltanto questo in una lettera, “che gli aveva mandato quaranta monete d’oro durante i Saturnali e i Sigillari”. Allora soltanto, persa la speranza della carica, si dedicò all’ozio rifugiandosi ora nei giardini, ora nella villa suburbana, ora nel ritiro in Campania, e dalla frequentazione di uomini molto sordidi, oltre al vecchio marchio di indolenza subì anche l’infamia dell’ubriachezza e del gioco d’azzardo.
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