TraduzioniCategoria: LatinoSvetonio – De vita Caesarum – Divo Vespasiano- V
Rina ha chiesto 7 anni fa

Post Neronem Galbamque, Othone ac Vitellio de principatu certantibus, in spem imperii venit, iam pridem sibi per haec ostenta conceptam. In suburbano Flaviorum quercus antiqua, quae erat Marti sacra, per tres Vespasiae partus, singulos repente ramos a frutice dedit, haud dubia signa futuri cuiusque fati: primum exilem et cito arefactum (ideoque puella nata non perennavit), secundum praevalidum ac prolixum et qui magnam felicitatem portenderet, tertium vero instar arboris. Quare patrem Sabinum ferunt, haruspicio insuper confirmatum, renuntiasse matri, nepotem ei Caesarem genitum; nec illam quicquam aliud quam cachinnasse, mirantem quod adhuc se mentis compote deliraret iam filius suus. Mox cum aedilem eum C. Caesar, succensens curam verrendis viis non adhibitam, luto iussisset oppleri congesto per milites in praetextae sinum, non defuerunt qui interpretarentur, quandoque proculcatam desertamque rem publicam civili aliqua perturbatione in tutelam eius ac velut in gremium deventuram. Prandente eo quondam, canis extrarius e trivio manum humanam intulit mensaeque subiecit. Cenante rursus bos arator decusso iugo triclinio irrupit, ac fugatis ministris quasi repente defessus procidit ad ipsos accumbentis pedes cervicemque summisit. Arbor quoque cupressus in agro avito sine ulla vi tempestatis evulsa radicitus atque prostrata, insequenti die viridior ac firmior resurrexit. At in Achaia somniavit initium sibi suisque felicitates futurum, simul ac dens Neroni exemptus esset; evenitque ut sequenti die progressus in atrium medicus dentem ei ostenderet, tantumque quod exemptum. Apud Iudaeam Carmeli dei oraculum consulentem ita confirmavere sortes, ut quidquid cogitaret volveretque animo, quamlibet magnum, id esse proventurum pollicerentur; et unus ex nobilibus captivis Iosephus, cum coiceretur in vincula, constantissime asseveravit fore ut ab eodem brevi solveretur, verum iam imperatore. Nuntiabantur et ex urbe praesagia, Neronem diebus ultimis monitum per quietem, ut tensam Iovis Optimi Maximi e sacrario in domum Vespasiani et inde in circum deduceret; ac non multo post, comitia secundi consulatus ineunte Galba, statuam Divi Iulii ad Orientem sponte conversam; acieque Betriacensi, prius quam committeretur, duas aquilas in conspectu omnium conflixisse, victaque altera supervenisse tertiam ab solis exortu ac victricem abegisse.

Svetonio – De vita Caesarum – Divo Vespasiano- V
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Rina ha risposto 7 anni fa

Dopo Nerone e Galba, mentre Otone e Vitellio lottavano per il potere, nutrì la speranza dell’impero, meditata già da tempo per se stesso grazie a questi prodigi. In un podere suburbano dei Flavi, un’antica quercia, che era sacra a Marte, per ognuno dei tre figli di Vespasiano improvvisamente produsse dei rami dal ceppo, segni indubbi del futuro destino di ciascuno: il primo era esile e presto disseccato, e perciò la bambina neonata non visse un anno; il secondo molto robusto e lungo e questo presagiva una grande prosperità; il terzo davvero simile ad un albero. Per cui raccontano che il padre Sabino, rassicurato inoltre da una predizione, annunciasse alla madre che gli era nato un nipote imperatore e che quella non avesse fatto altro che sghignazzare, meravigliandosi del fatto che lei era ancora padrona di sé e suo figlio già delirava. Più tardi, quando quello (Vespasiano) era edile e C. Cesare, adirandosi per l’incarico non espletato di spazzare le strade, ordinò attraverso i soldati che fosse riempito di fango ammassato nelle pieghe nella pretesta, non mancarono coloro i quali interpretavano che prima o poi lo Stato, calpestato e abbandonato durante un qualche sconvolgimento civile, sarebbe ricorso alla sua protezione e quasi al (suo) grembo. Un giorno, mentre quello pranzava, un cane randagio prese dalla strada una mano umana e la mise sotto la tavola. Ancora, mentre cenava, un bue aratore, sganciatosi dall’aratro, fece irruzione nel triclinio e dopo aver messo in fuga i servi, come se (fosse) improvvisamente stanco, crollò al suolo ai piedi di colui che era sdraiato e piegò il collo. Inoltre in un campo ereditato dagli antenati, un albero cipresso sradicato completamente e abbattuto senza alcuna forza di un temporale, il giorno seguente risorse più verde e più forte. D’altra parte in Acaia sognò che ci sarebbe stato per se stesso e per i suoi l’inizio di una prosperità, appena fosse stato estratto un dente a Nerone, e accadde che il giorno seguente il medico, avanzando nell’atrio, gli mostrò il dente appena estratto. In Giudea quando consultò l’oracolo di Giove Carmelo, le profezie così confermarono che qualunque cosa progettasse e auspicasse nell’animo per quanto grande, promettevano che ciò si sarebbe avverato; e uno tra i nobili prigionieri, Giuseppe, mentre era in carcere, in maniera molto risoluta assicurò che sarebbe stato liberato in breve da quello stesso, non appena imperatore. Anche da Roma si annunciavano i presagi: negli ultimi giorni Nerone era stato esortato durante un sogno a trasferire il carro di Giove Ottimo Massimo dal sacrario alla casa di Vespasiano e da lì nel circo; e non molto dopo mentre Galba dava inizio ai comizi del secondo consolato, la statua del divo Giulio si rivolse spontaneamente verso Oriente, e nel campo di Bedriaco, prima di combattere, due aquile si urtarono alla vista di tutti e, dopo che una delle due fu vinta, sopraggiunse una terza da Oriente e cacciò la vincitrice.

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