TraduzioniCategoria: LatinoSvetonio – De vita Caesarum – Divus Iulius – XX
Rina ha chiesto 7 anni fa

Inito honore primus omnium instituit, ut tam senatus quam populi diurna acta confierent et publicarentur. Antiquum etiam re[t]tulit morem, ut quo mense fasces non haberet, accensus ante eum iret, lictores pone sequerentur. Lege autem agraria promulgata obnuntiantem collegam armis foro expulit ac postero die in senatu conquestum nec quoquam reperto, qui super tali consternatione referre aut censere aliquid auderet, qualia multa saepe in levioribus turbis decreta erant, in eam coegit desperationem, ut, quoad potestate abiret, domo abditus nihil aliud quam per edicta obnuntiaret. Unus ex eo tempore omnia in re publica et ad arbitrium administravit, ut nonnulli urbanorum, cum quid per iocum testandi gratia signarent, non Caesare et Bibulo, sed Iulio et Caesare consulibus actum scriberent bis eundem praeponentes nomine atque cognomine, utque vulgo mox ferrentur hi versus:

non Bibulo quiddam nuper sed Caesare factum est:

nam Bibulo fieri consule nil memini.

campum Stellatem maioribus consecratum agrumque Campanum ad subsidia rei publicae vectigalem relictum divisit extra sortem ad viginti milibus civium, quibus terni pluresve liberi essent. Publicanos remissionem petentis tertia mercedum parte relevavit ac, ne in locatione novorum vectigalium inmoderatius licerentur, propalam monuit. Cetera item, quae cuique libuissent, dilargitus est contra dicente nullo ac, si conaretur quis, absterrito. Marcum Catonem interpellantem extrahi curia per lictorem ducique in carcerem iussit. Lucio Lucullo liberius resistenti tantum calumniarum metum iniecit, ut ad genua ultro sibi accideret. Cicerone in iudicio quodam deplorante temporum statum, Publium Clodium inimicum eius, frustra iam pridem a patribus ad plebem transire nitentem, eodem die horaque nona transduxit. Postremo in universos diversae factionis [indicem . . . . . . ] inductum praemiis, ut se de inferenda Pompeio nece sollicitatum a quibusdam profiteretur productusque pro rostris auctores ex conpacto nominaret; sed uno atque altero frustra nec sine suspicione fraudis nominatis desperans tam praecipitis consilii eventum intercepisse veneno indicem creditur.

Svetonio – De vita Caesarum – Divus Iulius – XX
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Rina ha risposto 7 anni fa

Entrato in carica, primo fra tutti stabilì che tanto del senato quanto del popolo si redigessero e si pubblicassero gli atti giornalieri. Ripristinò anche un’antica tradizione, che, nel mese in cui non avesse i fasci, andasse davanti a lui un messo e i littori lo seguissero dietro. Poi, pubblicata una proposta di legge agraria, fece cacciare dal foro con le armi il collega che si opponeva e il giorno dopo lamentandosi (Bibulo) in senato, poiché non si trovò nessuno che circa tale scompiglio osasse riferire o proporre qualcosa, – molti simili decreti esistono spesso in turbamenti più lievi – (Cesare) spinse (Bibulo) ad una tale disperazione che, finché non uscì dalla carica (di console), nascosto in casa non esprimeva nient’altro se non attraverso avvisi pubblici. Da quel momento amministrò secondo arbitrio da solo tutte le faccende nello Stato, tanto che alcuni cittadini, sigillando giocosamente qualche testamento, scrivevano l’atto non “sotto i consoli Cesare e Bibulo”, ma “sotto i consoli Giulio e Cesare”, mettendo lui stesso due volte col nome e col cognome. Così subito si diffondevano dovunque questi versi:
 
Quest’anno non si è fatto proprio nulla sotto Bibulo, ma (tutto) sotto Cesare:
Non ricordo nulla che sia stato fatto sotto il console Bibulo.
 
La campagna di Stella, dichiarata sacra dagli antichi, e l’Agro Campano, lasciato come fonte di reddito per i bisogni dello Stato, li divise senza sorteggio tra ventimila cittadini che avessero tre o più figli. Agli appaltatori che chiedevano un alleggerimento, condonò di un terzo il canone d’appalto, e li esortò pubblicamente a non fare offerte troppo smodate nella gara dei futuri appalti. Allo stesso modo elargì altre cose, quelle che a ognuno erano gradite, poiché nessuno diceva qualcosa contro e, se qualcuno cercava di farlo, veniva spaventato. Ordinò che Catone, poiché lo ostacolava, fosse cacciato dalla curia grazie ad un littore e fosse condotto in carcere. A Lucio Lucullo, che gli resisteva più liberamente, provocò un timore di calunnie tanto grande che spontaneamente gli si gettò alle ginocchia. Quando Cicerone deplorò durante un processo la condizione dei tempi, (Cesare) in quello stesso giorno, prima di sera, trasferì dai patrizi alla plebe il suo nemico Publio Clodio, il quale ormai da tempo invano aveva cercato di spostarsi. Infine contro tutti quelli di diversa fazione,…….(aizzò un delatore)……….corrotto con delle ricompense, affinché dichiarasse di essere stato sollecitato da qualcuno di loro a recare la morte a Pompeo, e condotto davanti ai Rostri, facesse i nomi secondo l’accordo; ma essendo stati fatti i nomi invano dell’uno e dell’alto, non senza sospetto di frode, dubitando dell’esito dello stratagemma tanto rischioso, si ritiene che abbia ucciso il delatore con il veleno.

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