TraduzioniCategoria: LatinoSvetonio – De vita Caesarum – Vitellio- II
Rina ha chiesto 7 anni fa

Contra plures auctorem generis libertinum prodiderunt, Cassius Severus nec minus alii eundem et sutorem veteramentarium, cuius filius sectionibus et cognituris uberius compendium nanctus, ex muliere vulgari, Antiochi cuiusdam furnariam exercentis filia, equitem Romanum genuerit. Sed quod discrepat, sit in medio. Ceterum P. Vitellius domo Nuceria, sive ille stirpis antiquae sive pudendis parentibus atque avis, eques certe Romanus et rerum Augusti procurator, quattuor filios amplissimae dignitatis cognomines ac tantum praenominibus distinctos reliquit, Aulum Quintum Publium Lucium. Aulus in consulatu obiit, quem cum Domitio Neronis Caesaris patre inierat, praelautus alioqui famosusque cenarum magnificentia. Quintus caruit ordine, cum auctore Tiberio secerni minus idoneos senatores removerique placuisset. Publius, Germanici comes, Cn. Pisonem inimicum et interfectorem eius accusavit condemnavitque, ac post praeturae honorem inter Seiani conscios arreptus et in custodiam fratri datus scalpro librario venas sibi incidit, nec tam mortis paenitentia quam suorum obtestatione obligari curarique se passus in eadem custodia morbo periit. Lucius ex consulatu Syriae praepositus, Artabanum Parthorum regem summis artibus non modo ad conloquium suum, sed etiam ad veneranda legionum signa pellexit. Mox cum Claudio principe duos insuper ordinarios consulatus censuramque gessit. Curam quoque imperii sustinuit, absente eo expeditione Britannica; vir innocens et industrius, sed amore libertinae perinfamis, cuius etiam salivis melle commixtis, ne clam quidem aut raro sed cotidie ac palam, arterias et fauces pro remedio fovebat. Idem miri in adulando ingenii, primus C. Caesarem adorare ut deum instituit, cum reversus ex Syria non aliter adire ausus esset quam capite velato circumvertensque se, deinde procumbens. Claudium uxoribus libertisque addictum ne qua non arte demereretur, pro maximo numere a Messalina petit, ut sibi pedes praeberet excalciandos; detractumque socculum dextrum inter togam tunicasque gestavit assidue, nonnumquam osculabundus. Narcissi quoque et Pallantis imagines aureas inter Lares coluit. Huius et illa vox est: Saepe facias, cum Saeculares ludos edenti Claudio gratularetur.

Svetonio – De vita Caesarum – Vitellio- II
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Rina ha risposto 7 anni fa

Al contrario parecchi sostennero che il capostipite della famiglia fosse un liberto; Cassio Severo e non meno gli altri (sostennero) che quello stesso fosse un calzolaio, il cui figlio trovato più ampiamente il guadagno con le vendite all’asta e le esazioni, da una volgare donna, figlia di un certo Antioco che si occupava di un forno, generò un cavaliere romano. Ma ciò su cui non c’è accordo, resti nel dubbio. Del resto Publio Vitellio con dimora a Nocera, o quello di antica stirpe o da antenati e avi ignobili, certamente era un cavaliere romano e procuratore dei beni di Augusto; lasciò quattro figli di notevolissima dignità con lo stesso cognome e distinti soltanto per i prenomi: Aulo, Quinto, Publio, Lucio. Aulo morì durante il consolato, che aveva intrapreso con Domizio, padre dell’imperatore Nerone; fu splendido e per altro famoso per la magnificenza dei pasti. Quinto fu privato dell’ordine senatorio, poiché per volere di Tiberio fu deciso che i senatori meno idonei fossero scartati e rimossi. Publio, compagno di Germanico, accusò Gneo Pisone come nemico e assassino di quello e lo fece condannare; ma dopo la pretura, arrestato tra i complici di Seiano e dato in custodia al fratello si tagliò le vene con uno stilo, e non tanto per paura della morte piuttosto per le suppliche dei suoi familiari dopo aver acconsentito a farsi bendare e curare, morì di malattia in quello stesso stato di arresto. Lucio, dopo il consolato, messo a comando della Siria, con sommi raggiri indusse Artabano re dei Parti non solo ad un colloquio presso di lui, ma anche a venerare le insegne delle legioni. Poco dopo inoltre ricoprì con l’imperatore Claudio due consolati ordinari e la censura. Assunse anche la cura dell’impero quando quello (Claudio) era assente per una spedizione in Britannia; uomo onesto e operoso, ma molto disonorato a causa dell’amore per una liberta, con la cui saliva mischiata anche con il miele, neppure si nascosto o di rado ma ogni giorno e apertamente, curava come per una medicina i bronchi e la gola. Egli stesso, di mirabile ingegno nell’arte adulatoria, per primo cominciò ad adorare Gaio Cesare come un dio, quando ritornando dalla Siria non osò presentarsi (a lui) diversamente se non con la testa velata e inchinandosi, poi prostrandosi. Per conciliarsi con una certa astuzia il favore di Claudio asservito alle mogli e ai liberti, chiese a Messalina come massimo dono che le offrisse il suo piede per toglierle i calzari; e tolto il sandalo destro ripetutamente se lo portò tra la toga e la tunica, talvolta baciandolo. Adorò tra i Lari anche le immagini dorate di Narciso e Pallante. Di lui è quella famosa frase, quando si congratulò con Claudio per l’allestimento dei Ludi Secolari: “ Che tu lo faccia spesso”.

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